Il 2021 che sta per concludersi è stato per la pericoltura italiana un anno non certo semplice, soprattutto per quanto riguarda la produzione di pere, ma che fa intravedere importanti segnali per l’intero comparto per il prossimo futuro. Proviamo a tracciare un bilancio.
Nel corso del 2021 si è confermata la tendenza già in atto da alcuni anni nel mercato delle pere in Italia: secondo i dati elaborati da Centro Studi Divulga e presentati a FuturPera, la produzione di pere italiane prosegue il proprio trend in calo iniziato nel 2017 e si attesta a 400 milioni di kg di pere negli ultimi dodici mesi contro i 770 milioni di kg di cinque anni fa, con una riduzione del -48% sul lungo periodo. Nello stesso lasso di tempo si nota inoltre una diminuzione del 15% delle aree destinate alla coltivazione di pere nel nostro Paese.
Le regioni dove si producono più pere si confermano l’Emilia-Romagna, da dove proviene il 66% delle pere italiane, il Veneto (11,5%) e la Sicilia (6,7%: scopri le varietà di pere siciliane). E proprio la zona della Pianura Padana risulta particolarmente colpita dai principali fattori responsabili del calo produttivo della pericoltura italiana: fenomeni atmosferici “estremi” come le ripetute gelate tardive primaverili che mettono a dura prova le coltivazioni e attacchi di agenti patogeni e parassiti che colpiscono le piante di pera compromettendo il raccolto (scopri i principali nemici del pero).
Le conseguenze di questo deficit produttivo si manifestano sul mercato, dove le varietà di pere più coltivate in Italia (scopri quali sono le pere italiane più diffuse) e quindi più presenti tra gli scaffali segnano un marcato aumento dei prezzi: le pere Kaiser costano mediamente il 36% in più, le pere Abate sono a +31%, le pere Decana del Comizio a +22%. Un altro effetto tangibile è il massiccio ricorso all’importazione di pere dall’estero (l’import di pere è aumentato del 5,4% rispetto allo scorso anno, per un totale di 90 milioni di kg): i Paesi stranieri da cui provengono più pere sono l’Argentina (28%), la Spagna (24%) e il Cile (16%) (scopri i principali produttori mondiali di pere), mentre parallelamente crollano le esportazioni di pere italiane verso l’estero – in particolare verso i Paesi europei, con Germania, Francia e Austria in testa – che fanno registrare un -39%.
Ci sono però anche dei segnali positivi nell’andamento del mercato. In primis, l’aumento dei consumi di pere pro capite: gli italiani tendono a mangiare più pere (+39%) dopo un periodo di flessione e nonostante i rincari dell’ultimo periodo, apprezzando in particolar modo l’aspetto salutistico e le proprietà nutrizionali della pera. Inoltre, la carenza di pere in commercio ha rilanciato e permesso di riscoprire alcune varietà di pera dimenticate o poco diffuse, come per esempio la pera Rosada, che trovano spazio sul mercato a fronte di una domanda che continua ad essere elevata.