La pera è un frutto antichissimo, che l’uomo conosce, coltiva e consuma sin dagli albori della storia. Ma qual è stata la sua origine e come si è diffuso fino ad essere presente a tutte le latitudini, così come è ai giorni nostri? Scopriamolo insieme.
Il luogo di nascita della pera non è l’Europa, dove poi si diffuse largamente, ma è comunemente individuato nell’antica Cina occidentale, dove la specie pyurs pyrifolia era presente già più di 4000 anni fa (antenata dell’odierna pera Nashi o pera asiatica), e nel Medio Oriente dove, nelle zone dell’Asia minore e del Caucaso, ha avuto origine il pyrus communis, la specie di pero oggi più diffusa.
Ricostruire la diffusione della pera nei tempi passati è ovviamente molto complesso e per farlo dobbiamo basarci sulle fonti storiche che abbiamo a disposizione. Per esempio, sappiamo che la pera era conosciuta nell’antico Egitto, dove era considerata un frutto sacro alla dea della fertilità Iside, forse per via della sua forma che richiamava quella del ventre materno.
Nella mitologia greca la pera era legata ad Era, moglie di Zeus – la cui statua a Micene si narra fosse realizzata con legno di pero -, ma anche alla dea dell’amore Afrodite (che i Tebani chiamavano Onca, che significava “pero” in epoca pre-ellenica) e ad Atena. La tradizione tramanda la leggenda di Polifemo che, vantandosi dei propri possedimenti al cospetto dell’amata ninfa Galatea elenca, tra i vari possedimenti boschivi e gli armenti, anche un frutteto di pere. Infine, in ambito filosofico la pera era frutto sacro per i Pitagorici, poiché in essa era racchiuso il significato del mondo.
Passando invece alle fonti storiche, troviamo la pera menzionata da Omero nell’Odissea: tra gli alberi da frutto presenti nel giardino del re Alcinoo c’è infatti anche un pero. La pera è presente anche in alcuni scritti di Ippocrate e di Teofrasto, il quale già nel 350 a.C. fa riferimento sia a pere selvatiche sia a varietà coltivate dall’uomo.
Sappiamo poi che la pera dall’antica Grecia giunge a Roma, perché vari autori romani vi fanno riferimento nelle loro opere e ci riferiscono della predilezione per la pera da parte di alcuni personaggi di spicco del mondo politico dell’epoca, come Nerone e Gneo Pompeo. Tra le citazioni più importanti ci sono quelle di Virgilio e Catone, mentre addirittura Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia del primo secolo d.C. enumera oltre 40 differenti varietà di pere: segno di come gli antichi romani conoscessero già le tecniche di coltivazione di questo frutto (scopri qui invece quelle diffuse ai giorni nostri), con qualità che venivano scoperte e portate a Roma dalle varie province dell’impero.
Infine, nel quarto secolo d.C., troviamo un curioso riferimento alla pera nelle Confessioni di Sant’Agostino: il celebre teologo nella sua opera autobiografica confessa di essere stato protagonista di un furto di pere, compiuto in età adolescenziale in compagnia di alcuni amici, e paragona il proprio peccato a quello originale compiuto da Adamo, con la differenza che, nel ruolo di frutto proibito, figura una pera anziché una mela.
La diffusione della coltivazione della pera in tutto il mondo europeo prosegue nei secoli successivi alla fine dell’impero romano e in epoca medievale si caratterizza soprattutto per il fatto di diventare una pratica comune all’interno degli ordini monastici: saranno quindi soprattutto i monaci a tramandare di generazione in generazione gli usi e le modalità di coltivazione del pero direttamente negli orti dei conventi.
Mentre in Europa la pera si diffonde soprattutto in Francia, Belgio e Paesi Bassi a partire dall’Alto Medioevo, pur restando fino al Settecento un frutto confinato ai giardini nobiliari poiché considerato un alimento di lusso, i missionari spagnoli contribuiscono a portare questo frutto e la sua coltivazione nel Nuovo Mondo, in particolare in Messico e sulle coste dell’odierna California. Sarà il periodo a cavallo tra ‘700 e ‘800 l’epoca d’oro per la pera, che troverà enorme fortuna commerciale e diffusione grazie all’interesse del mondo botanico e scientifico, arrivando così ad essere coltivata intensivamente anche in Italia.